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I due protagonisti interpretati da Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca sono Gaetano e Delia – un aspirante romanziere e una nutrizionista anoressica con i denti marci - una coppia separata che s’incontra a cena in un ristorante per suddividersi le vacanze estive con i due figli. Ma la serata si rivela più che altro come l’occasione per ripercorrere la loro storia d’amore, in un viaggio fatto di continui flashback in cui i ricordi riportano a galla tutta la complessità di un rapporto che colpisce proprio per la sua ordinarietà, rendendo facile l’immedesimazione con tutto quel carico fatto di passione e distacco, amore e disprezzo, serenità e preoccupazioni, intese e litigi tipico di ogni storia d’amore che non vede un lieto fine.

 

Il cibo accompagna il racconto, come in una trasposizione gastronomica dell personalità dei protagonisti e delle loro complessità. Così la semplice quanto consistente cotoletta ordinata da Gaetano è in un certo senso il ritratto di un trenta-quarantenne un po’ rozzo e passionale che nonostante i forti ideali creativi finisce per arrendersi
al mondo delle serie tv, mentre il triste e rinunciatario tortino veg di Delia ne disegna il pudore, quello di una donna ferita che non riesce a guardare in faccia il suo dolore, soffocata da una parte dalla conflittualità che da sempre marca il suo rapporto con la madre e dall’altra dal rancore verso un uomo da cui non si è sentita capita. Similmente anche il gelato alla crema che Gaetano porge a Delia per un assaggio al momento del dessert va ben oltre la sua tradizionale definizione. Esso diventa infatti espressione della delusione di lei, che utilizza per urlare in faccia all’uomo seduto davanti a sè il proprio disprezzo, quando all’improvviso glielo scaglia

Il cibo torna, ancora, nei ricordi dei due protagonisti. È il caso delle castagnole alla crema, che il ragazzo si affretta a portare a Delia quando arrivati trafelati al parco nell’eccitazione dell’incontro, lei sviene sull’erba a causa della mancanza di energie dovute ad uno stomaco troppo vuoto. I due s’imboccano, consumare il dolce insieme diventa un atto profondamente passionale e allo stesso tempo ricco di cura e affetto. E per questo Delia lo ringrazia, perché darle del cibo, annullando i sensi di colpa e il dolore che da sempre aveva associato ad esso e che avevano provocato la sua anoressia, apparente liberazione del corpo dal male, significa per lei ricevere il dono dell’amore sempre negato.

Tra toni agrodolci la cena va avanti, e ai due giovani depressi e sfiduciati, costretti ad una vita di umiliazioni difficili da reggere, si contrappone la coppia di anziani del tavolo accanto, interpretata da Roberto Vecchioni ed Angela Molina, due personaggi dall’animo fresco e ancora avido di emozioni, che nonostante i dolori incontrati durante il cammino e la consapevolezza di una fine imminente decisa dal male che ha colpito uno dei due, continuano ad avere la forza per ballare insieme la danza della vita. È con loro che lasciano il ristorante, ascoltandoli parlare della loro storia, con l’invidia quasi scontrosa per una realtà non del tutto comprensibile perché troppo lontana dal dramma emotivo dei due protagonisti, che è allo stesso tempo dell’impietosa società odierna che abbandona a se stessi.La saggezza di chi ha vissuto più di loro, e che sembra potersi permettere una leggerezza a loro impossibile, appare ai giovani come il segreto della felicità, che vorrebbero bere con foga abbandonandosi alla fiducia, quasi si trattasse del segreto della felicità. Ma il segreto, invece, non c’è, o forse è così lampante da sembrare troppo ovvio per definirsi tale. Perché sta nell’amore, l’unico dispensatore di redenzione.

“Nessuno si salva da solo!”, grida loro l’anziano bonario prima di lasciarli. Con la frase che ancora rimbomba nelle orecchie i due giovani tornano a casa, Gaetano sale a guardare brevemente i figli dormire per poi lasciare Delia a osservarlo allontanarsi dalla finestra. Ma prima di fare questo la donna afferra i rimasugli della cena e comincia a mangiare, occhi fissi sul suo uomo che cammina. 

“Ma non hai mangiato?” le chiede stupita la madre rimasta ad aspettarla tenendo compagnia ai nipoti.

“Ho fame, mamma, ho fame” le sorride Delia con la bocca ancora piena.

E allora quel piatto di pasta “è” la salvezza. Quella che non lascia spazio al rancore annichilente perché è piuttosto abbandono al sentimento che c’è stato e c’è ancora, e che solo così, lasciandolo vivere, custodendolo, diventa guida.

Micole Imperiali

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