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Che verità si nasconde dietro il sorseggiare le otto birre che scandiscono gli altrettanti incontri di Sergio, birraio e padre di Francesco, e Marco, professore di letteratura italiana e insegnate del ragazzo? I due uomini parlano così, a più riprese, del giovane protagonista, colui che li lega e che allo stesso tempo li allontana perché marca la loro appartenenza a due universi opposti, dai fugaci e respingenti attimi d’incontro.

Nello spettacolo vengono affrontati, con ironia sincera e allo stesso tempo tagliente, temi complessi che partendo dal rapporto padre - figlio, arrivano ad abbracciare i nodi che sono alla base dell’esistenza umana. In un delirio alcolico dai ritmi serrati i protagonisti si trovano costretti in luoghi comuni, tra paure, imbarazzi, fragilità, frutto dello scontro tra sessualità e moralità, libertà e isolamento.

A far da sfondo all’intero racconto, la birra artigianale nelle sue varie declinazioni: frutto di sapienza e oggetto di passione, strumento liberatorio delle diverse possibilità dell’essere.

Ne abbiamo parlato con Tony Laudadio, autore e regista - nonché attore, nel ruolo dell’insegnante - di Birre e Rivelazioni, lo spettacolo che la Sala Assoli di Napoli, in occasione del suo trentesimo compleanno, ospita fino al 25 ottobre, in compagnia di uno dei suoi più affezionati frequentatori.

 

Il racconto si snoda intorno alla capacità liberatoria dell’alcol. Cos’è per te la libertà - e il suo opposto - e come hai voluto tradurli sulla scena?

Definire concetti alti e assoluti, la libertà è uno di questi, è sempre un esercizio difficile. Anzi direi che l’oggetto stesso della creazione artistica, e in particolare del teatro, sia proprio la traduzione di questi assoluti in relativi, ovvero in vettori che possano porre la questione a chi assiste e partecipa, piuttosto che risolverla. Birre e rivelazioni compie un tentativo del genere, cercando il punto dolente, il tratto dove la questione, ad esempio della libertà in questo caso (dalle scelte sessuali, ma anche dal pregiudizio, dal luogo comune), diventa sensibile. Batto la lingua dove il dente duole, insomma.

 

Com’è nato “Birre e rivelazioni” e cosa è diventato rispetto all’idea iniziale?

Avevo bisogno di parlare delle distanze interpersonali, specie tra padri e figli ma anche tra estranei o tra amici, e delle distanze tra ciò che crediamo di sapere della realtà e ciò che essa è veramente, delle nostre convinzioni e di come esse si possano modificare. Poi Rodolfo di Giammarco mi chiese di partecipare al Festival Garofano Verde (che affronta appunto le tematiche omosessuali) e il testo ha preso la piega attuale. I due stimoli si sono fusi e la riflessione ha trovato il suo alveo più naturale.

 

Ci parleresti della tua visione di confine, il sottile limite su cui si muovono e vivono i personaggi?

Il concetto di confine è per me centrale. In tutto ciò che scrivo – per il teatro ma anche nei romanzi – vado sempre a cercare il bordo delle cose, il punto dove si trasformano, dove entrano in contatto. Un confine è ciò che separa ma, a pensarci meglio, è anche ciò che unisce. Ci sono limiti ovunque, l’esistenza ne è piena, e a volte prescinde la nostra capacità di riconoscerli. Andare oltre essi è spesso solo un’illusione – o una bella frase a effetto – ma io credo sia più sensato imparare a esplorarli, definirli, riconoscerli. Perché appena al di là di ogni confine c’è qualcosa che è a contatto con noi e non è detto che ci piaccia. Sapere cosa c’è, è già qualcosa che ci rende migliori.

 

I personaggi di questo racconto non sono solo fisici come Marco e Sergio. Il palco si riempie di fantasmi rievocati, impalpabili, indefinibili. Primo tra tutti l’amore, che nelle sue varie sfumature, viene svelato, rivendicato, protetto, ricattato, vilipeso. Quello che resta è una disarmante fragilità che blocca gli stessi personaggi come congelati nei loro stessi limiti, incapaci di oltrepassare la linea di arrivo. Ce ne parli?

Quando rappresentiamo gli altri ne facciamo proiezioni che tendono a semplificare: lui è così, l’altro è cosà.  Ed è spesso difficile poi andare oltre la nostra definizione. Ma gli uomini sono miniere d’oro, sono ricchezza. Uno sguardo di pura umanità sui nostri contemporanei mi sembra necessario per non cadere nella tentazione di trattarci l’un l’altro come funzioni. Si tratta di prendersi la briga di scavare un po’, di toglierci lo strato duro che sta sulla pelle. Quando ci si prova, quando si riesce, ci si accorge che spesso è uno strato sottilissimo.

 

Perché hai scelto la birra come legante degli otto capitoli del racconto? Cosa ti lega ad essa e qual è la tua preferita?

La funzione della birra è molteplice: ha un valore puramente teatrale (ambientazione, ripartizione) e in questo senso chiarisce a prima vista che si tratta di commedia, per quanto sofisticata e problematica possa essere. In più l’aiuto che l’alcol porta nelle conversazioni mi sembrava aggiungere una dose di verità nel giustificare i movimenti rivelatori dei personaggi. Il simbolo birra è interessante: il colore chiaro ma comunque torbido, il suo grado alcolico non eccessivo, che pare rassicurante ma che poi diventa insidioso, e infine la semplicità, persino la purezza, della sua natura che corrisponde a quella del birraio, mi sembravano tutti elementi aggiuntivi e utili al racconto.

 

Il bere birra, atto generalmente conviviale, è qui invece elemento di chiusura, tentativo non riuscito di risoluzione. Alla fine di ogni capitolo i personaggi si ripiegano su se stessi, impenetrabili, senza aver individuato una reale via d’uscita. Quanto questa resa finale può rappresentare invece l’attesa necessaria a permettere un nuovo inizio?

 Non saprei dare un messaggio finale, il teatro indica le possibilità ma poi c’è l’identità di ognuno. Considero solo che il finale dello spettacolo, nel rimarcare la distanza che pare incolmabile tra i protagonisti, segna pure un sostanziale cambiamento in loro. Forse non saranno mai realmente in sintonia, sarebbe consolatorio pensarlo, ma il loro incontro li ha già modificati e questo è l’importante: è il principio stesso della vita.

 

Sono previste altre tappe per lo spettacolo?

Per ora lo spettacolo si ferma perché sia io che Andrea Renzi avevamo già altri impegni ( Renzi con una sua regia e per quanto mi riguarda è appena uscito il mio terzo romanzo che dovrò presentare in giro per l’Italia, inoltre sono impegnato con le riprese del nuovo film di Edoardo De Angelis ) ma di certo verrà ripreso il prossimo anno.

 

Micole Imperiali

 

Photo Marco Ghidelli

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