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On the stage
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Questo è uno scritto speciale per gente innamorata del Natale e di cose estreme. Se siete cinici, vegani, infastiditi dagli elfi e a dieta, scappate subito. Adesso. Non vi inseguiremo, è Natale. siamo buoni.

Osservo rapito un presepe natalizio napoletano, perduto in un angolo c’è una grotta con le uniche tre persone che non si divertono. Tutto intorno esplode la gioia, il tripudio del cibo, la festa del godimento terreno, la danza,  la musica, la celebrazione del HIC ET NUNC.

Botteghe,  pizzerie, ristoranti, trattorie, fiaschi, salumi, pesce, carni, verdure, insaccati che pendono, quarti di bue, forni accesi, tavole imbandite, botti di vino, animali allo spiedo, pescatori, panificatori… “fuochisti, macchinisti! a me!” (De Curtis)

Noi napoletani, come molti italiani, siamo paganamente posseduti dal cibo, dalla sua presenza, dalla sua assenza, dalla sua ritualità. E a Natale lo spirito sacro e religioso ci sfiora come il passaggio di una stella (cioè niente), il cibo invece ci identifica, ci attraversa, ci vive dentro, ci illumina.

Nulla racconta meglio il nostro Natale come il Presepe popolato di gente che mangia, beve, si diverte e gozzoviglia ignaro di ciò che accade nella grotta.

E noi lontano dalla rappresentazione, nelle nostre case riscaldate, come viviamo invece la Santa Festa?

Allo stesso modo.

Ogni pietanza al suo posto, perché a tavola ci deve stare, poco importante se verrà consumata, deve esserci come in una liturgia.

Questa orgia di sapori  ci crea un fantastico alibi (ovemai ne avessimo  bisogno) per dare un calcio a regole e limiti.

E’ qui in questo spazio aperto che va dal 23 al 6 gennaio che troviamo finalmente il gusto per un piatto davvero importante.

Per una pietanza grande, antica, violenta, imponente. pagana. gotica.

Una cosa che ci richiama ai nostri doveri di esseri umani sul Presepe della vita HIC ET NUNC

IN PIEDI, CODARDI!

È il momento del GOULASH!

 

Lo inventarono i mandriani che transumavano gli armenti dalle steppe russe alle tavole dell’Europa Centrale.

Immaginate una prateria spazzata dal “vento  a 30° gradi sotto zero” (F. Battiato)

Pochi uomini intorno ad un fuoco di legna ed un paiolo annerito dalle fiamme.

Dentro, come in un’apertura Macbethiana, carne, spezie, ortaggi…

Un composto che ti deve togliere il freddo della steppa, fare di te una cosa calda, riportarti allo stato di essere senziente dopo aver governato ed indirizzato una mandria per kilometri e kilometri con il gulash che ti ha tagliato la faccia per ore.

Già dal suono del suo nome gulash, sembra di sentire il mestolo che gira dentro spostando speziatissimi pezzi di carne.

 

Goulash

(mettetevi comodi, ci vuole tempo)

(quantità, regolatevi in base alla cerchia di amici e nemici)

soffriggete cipolla, sedano e carota utilizzando una generosa fetta di guanciale a tocchetti…

al punto di doratura immergete due generosi cucchiai da brodo di paprika… lasciate amalgamare girando.

Aggiungete poi pezzi di carne grandi come uova e ripassati nella farina. Quando il cuore ve lo dice un bicchiere di vino rosso corposo, scuro, notturno, pesante, imponente, poco allegro, poco amabile, serio, scontroso, scorbutico. Invernale. Ermetico. Nordico, spigoloso.

Lasciate vaporare i fantasmi dei suoi delitti.

 

È il momento del brodo: coprite tutto e aspettate

E poi si asciuga e ricoprite e aggiungete patate tagliate a metà

(si, con la buccia, non fate le educande, cazzo: è un gulash, non una tisana)

Sale, pepe. Assaggiate, aggiustate, coccolate.

Cominciate a bere il rosso di cui sopra con dei pezzi di capoccolo irpino e caciocavallo sannita.

Lasciate che il profumo della zuppa riempia ogni stanza della casa, che arrivi fino al presepe nel salotto, che anche i pastori si girino in direzione della cucina.

Aprite la porta di casa, invitate chunque.

Inzuppate pezzi di pane nero, ogni tanto. E' consentito.

 

Preparate un Cous Cous, bianco. Solo con un cucchiaio di brodo.

Aspettate del tempo, tanto tempo. lasciate che la carne si sfaldi come quella dei mandriani vinti dalla stanchezza e dal fuoco.

Come la vostra, vinta dal calore del Natale e dal vino.

Aspettate la resa della carne, siate sconfitti, accoglienti, accomodanti, fieri e generosi.

Versatevi da bere, e versate da bere, parlate, apritevi, perdonate e vendicatevi.

Dite ciò che pensate e pensate ciò che dite.

È una notte pericolosa, non si va in giro la notte di Natale.

Siate il fuoco nella steppa che accoglie altri mandriani. Siate matriarcali. Calde ruvide coperte nere.

 

Servite su un letto di cous cous bianco, lasciatelo macchiare con il suo sangue rosso scuro, sincero, magiaro.

come un lenzuolo la prima notte di nozze.

E adesso fate della musica, per ballare, scaldarvi, toccarvi, abbracciarvi per avere anche oggi sconfitto la Morte. Almeno oggi. Gridando e cantando che nessuno sa.

 

Mesecina ( la luce della luna)

 

Il sole splende a mezzanotte,

Ahi, ahi, ahi, ahi!

Dal cielo penetra un raggio di luce,

Nessuno sa, nessuno sa,

Nessuno sa, nessuno sa,

Nessuno sa, che cosa sia a brillare. (G. Bregovic)

 

 

Francesco dell’ Enoteca Mandolese (via Paisiello 20/22 Napoli)

 

Ci impone un abbinamento da Vento della Steppa.

Perché ci sono momenti in cui ci vuole coraggio. Abbiatelo.

Bevete a canna e passatevi la bottiglia.

 

Vodka “Rakia Travarica”  prod. Badel

 

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