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On the stage
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Ci siamo io, Eric Mingus (si, il figlio di Charles) ed il batterista Sim Cain ad Avellino, in un ristorante che si chiama Malaga e fa tanta cucina spagnola.

Sembra un incrocio tra un sogno ed in incubo, ma è davvero accaduto.

L’8 luglio del 2001.

E’ ovviamente una situazione surreale come solo la realtà sa creare.

Eric Mingus sta festeggiando in Irpinia il suo compleanno in un ristorante di cucina spagnola, dopo lo show che ha tenuto nel cortile di una scuola, uno spettacolo di Jazz fuori degli schemi.

 Al buio, ai piedi della scala del palco aspetta qualche secondo in silenzio prima di salire.

 In quel momento tira fuori un grido che è anche un lamento ed un canto di orgolio…

His blood’s in me, His blood’s in me. Il suo sangue è dentro di me.

 E’ così… è suo figlio, altro 1,90, peso 110 kili suona il contrabasso elettrico e scrive della musica particolarissima.

 Alla fine dello show siamo al ristornate Malaga, tra i tovaglioli firmati da Juary ( ve lo ricordate?) e le foto del proprietario con i KIM and The Cadillacs.

Siamo alla seconda bottiglia di Falanghina, Sim Cain è steso su due sedie come i bambini che si addormentano perché hanno fatto troppo tardi.

E’ qui che la situazione diventa iper-reale Eric mi racconta di casa sua e, ovviamente finiamo a parlare di suo padre.

 

“Un giorno io ed i miei fratelli chiedemmo a papà di portarci a vedere il concerto dei Jackson Five”

 

Adesso immaginate per un momento Charles Mingus, non sto a spiegarvi quanto sia grande questo nome del jazz, vi dico solo che è stato forse l’unico contrabbassista ad aver inciso un disco per solo piano ( splendido tra l’altro)…. e mi fermo qui.

Torniamo a noi, ci son tre ragazzini che vogliono andare a vedere i Jackson Five  che all’epoca erano più o meno come Justine Bibier o i Tokyo Hotel.

Questi tre ragazzini se ne fregano che il loro papà è un monumento del jazz, che è una pietra miliare della musica mondiale, vogliono andare a vedere i Jackson FIVE, cazzo!!! sono fighissimi!!! Troppo belli papà!! Daiii, papà daiiiii i JACKSON FIVE….

 E cosa fa il monumento del jazz? Uno che tra l’altro era anche un eccezionale compositore ed un esigentissimo direttore d’orchestra?

Ce li porta. Li porta a vedere i Jackson FIVE.

 Perché è questo che fa un padre, accontenta i suoi figli.

 Quindi se un giorno se ne fregano del vostro cibo bio, del km 0 e delle cose sane e vogliono un panino al pub ed una vaschetta di patate fritte nell’olio del furgone..  fate i padri, non i censori.

 Niente ricetta, uscite  portate i vostri figli, o chiunque meriti il vostro amore a mangiare ciò che vuole lui. Questo è l’amore.

Senza giudicare, senza censurare, senza “informare”.

Fermatevi nel primo chiosco, furgone, banchetto qualunque e fate felici le persone.

La mattina dopo siamo in viaggio verso l’aeroporto e dalla mia autoradio salta fuori.

DON’T FEAR THE REAPER dei Blue Oyster Cult

Sim Cain è sdraiato dietro, si sveglia dal torpore e  mi chiede di rimetterla e rimetterla e rimetterla ancora e ancora….

Eric ed io ci guardiamo, ridiamo  ed io l’accontento, come si fa con i bambini…

La mia auto sfreccia tra le splendide colline irpine, verdissime.

All our times have come

Here but now they're gone

Seasons don't fear the reaper

Nor do the wind, the sun or the rain, we can be like they are

 

 

Alessandro Pacella

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