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La Pasqua dopo l'attentato di Bruxelles dello scorso 22 Marzo ha un sapore amaro. Non vino, non formaggio, non pane speziato. La pace deve essere l’ingrediente principale della tavola della Pasqua di quest anno.

A pochi giorni dall’attentato a Bruxelles, i rituali della Pasqua sono velati di tristezza. Tutti sentiamo il bisogno di ricercare una motivazione più profonda alle tradizioni che da secoli ripetiamo per festeggiare la Pasqua. La paura ci spinge a rifiutare il piacere della festa, eppure solo stando insieme possiamo ritrovare la pace. Anche nella semplicità dei gesti della tradizione gastronomica, che durante questi momenti accoglie e riunisce a tavola, per rasserenarci sulla possibilità che tutti, nel nostro quotidiano possiamo contribuire alla sua costruzione. Vediamo come.

La benedizione dei piatti da parte del capofamiglia.

Che sia un nonno, lo zio maggiore, il papà o il meno timido fra i commensali, il gesto di benedire col ramoscello d’ulivo intinto nell’acqua benedetta dà l’inizio al pranzo. La gestualità ripete quella dell' Agape cristiana, banchetto caritatevole che nel periodo del cristianesimo antico riuniva i bisognosi alla mensa di un uomo facoltoso. Chiamata anche "Fractio panis" evidentemente ricalcava la cena che Cristo condivise con gli apostoli la sera che precedette la sua passione. La benedizione ricade ancora oggi sugli astanti e sui piatti, che rappresentano i simboli che per tradizione secolare sono legati alla pace.

Il piatto santo.

Con formaggi e salumi, contiene anche le uova che massimamente rappresentano la vita e la resurrezione di Cristo. Non può mancarvi poi la ricotta, simbolo di fertilità. Preparato in un piatto unico, posto come tradizione al centro della tavola, è l’offerta più lauta e sontuosa da fare agli invitati dopo i giorni del digiuno. Dalla condivisione dei ricchi sapori i commensali potranno godere dei ritrovati piaceri della gola. Serenità e appagamento ben dispongono gli uni verso gli altri.

I carciofi.

Fritti, bolliti e conditi con sale ed olio oppure arrostiti, i carciofi non mancano sulle tavole imbandite della Pasqua napoletana. Nell’arte cattolica simboleggiano la passione di Cristo e a noi piace pensare che il gesto meditativo di sfogliarli delle parti più dure, per assaporare la tenerezza del loro interno, ci porti a riflettere sul bisogno di passare attraverso la consapevolezza delle sofferenze per raggiungere la pace.

L’agnello.

Piatto principe della tavola di Pasqua, è il simbolo per eccellenza del sacrificio di Cristo. E la tradizione delle famiglie napoletane porta all’estremo i suo significato attraverso le fasi della sua preparazione: dalla scelta del capo più bello, di cui si incarica una persona fidata, alla macellazione, anticamente operata dal capofamiglia, sino alla cottura cui si dedica la madre che affida ai più piccoli il compito di pelare e tagliare le patate di contorno , proprio tutti ne sono coinvolti. 

 

Il grano, accolto nel dolce guscio della pastiera.

La simbologia della vita, della passione di Cristo e della resurrezione sono qui tutti manifestati. Il grano passando attraverso la macina (la passione) si trasforma nella farina che lavorata con amore darà il pane (il guscio) , da condividere con altrettanta generosità.

L’uovo al cioccolato.

Abbiamo già accennato al significato simbolico dell’uovo di vita e resurrezione. Ma i colori che racchiudono quello al cioccolato, le decorazioni che lo abbelliscono e la tradizione di scambiarselo in dono, raccontano della voglia di regalarsi pace e bellezza. Le radici dell’usanza sono antichissime e multiculturali, noi le apprezziamo e le custodiamo ancora oggi grazie all’arte dei maestri cioccolatieri napoletani. (leggi qui il nostro articolo su Le novità al cioccolato di Gennaro Bottone per Pasqua 2016)

 

E poi casatielli, paste fresche, colombe ed erbe amare. Tutto simboleggia, arricchisce di folklore e reinterpreta il desiderio di pace che, nella tradizione cattolica, Gesù ha voluto infondere nei cuori dei fedeli attraverso il suo sacrificio.

Rifletterne oggi, cercando un perché a tanta sofferenza sia ancora procurata e subita intorno a noi, deve spingerci a trovare un modo attuale per ripetere la gestualità della pace. Conservare la tradizione di riti simbolo di pace è la possibilità più efficace che abbiamo per onorare la festa. Per godere infine, sazi nello spirito, di tutti i piatti che la Pasqua porta sulle nostre tavole.

 Federica Mazza.

 

 

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