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Non sorprende quindi che sia proprio Bologna ad ospitare due locali che uniscono gastronomia e disabilità secondo un’originale formula creativa del tutto nuova a livello nazionale e già di comprovato successo.

A dare inizio a questo percorso sono stati Alfonso Marrazzo e Sara Longhi, due ragazzi sordi che dal 2012 gestiscono il bar “Senza Nome”, situato in Via Belvedere 11/b, di fronte allo storico Mercato delle Erbe.

Prima di aprire il bar, Stefano e Sara lavoravano già da tempo nell’organizzazione di eventi teatrali per persone non udenti, ma con grosse difficoltà nel reperimento di spazi e fondi. Da qui l’idea di aprire un locale basato “sull’integrazione tra cibo e cultura e sull’incrocio di linguaggi differenti come quello sonoro e quello visivo insieme, facendo interagire tra loro il mondo dei sordi con quello degli udenti attraverso la circolazione di idee e pensieri in movimento”, spiega Alfonso.

Al “Senza Nome”, un piacevole ambiente su due piani con saletta fumatori, connessione wi-fi gratuita e tavolini all’esterno d’estate, il menù è ricco di friselle, bruschette, piadine e panini che portano il nome degli amici che hanno aiutato nella realizzazione del progetto, e prodotti come il vino e i succhi di frutta provengono da aziende gestite da persone sorde, con l’intento di fare retee incentivare realtà di qualità dal percorso non tradizionale e quindi più complesso. La carta è poi arricchita da particolari iniziative: merende domenicali, “cene a cappello” – serate a tema in cui lo chef di turno propone i propri piatti in forma d’aperitivo come se fosse un artista di strada -, mostre, concerti, djset, presentazioni di libri, corsi di sensibilizzazione alla LIS, performance di artisti non udenti e corsi di yoga e shiatsu in collaborazione con l’associazione culturale Farm che ne cura la programmazione artistica.

E non è tutto, perché per favorire l’interazione tra sordi e udenti si è pensato ad un divertente metodo di ordinazione, che suscita curiosità e favorisce interesse e apertura verso l’altro. Chi entra può infatti richiedere ciò che desidera utilizzando la lingua dei segni – il menù è tradotto in LIS – ottenendo uno sconto come premio per il proprio spirito d’iniziativa, oppure far riferimento a “L’Angolo del cocciuto”, una bacheca tappezzata di bigliettini relativi a tutti i prodotti consumabili all’interno del locale con cui potersi presentare al bancone. E sulle pareti una serie di cartelli con l’alfabeto dei segni. Un modo giocoso per mettersi alla prova e familiarizzare con una forma di comunicazione purtroppo ancora sconosciuta ai più.

Visto il successo dell’iniziativa, e soprattutto il bisogno sempre crescente di creare spazi che incontrino le necessità di un pubblico troppo spesso escluso dai circuiti del tempo libero, l’associazione culturale Farm è tornata a scommettere su un Bar l'altro spazio Bolognaaltro locale “L’Altro Spazio”, anch’esso in pieno centro storico, in Via Polese, aperto da circa un anno, al posto del famoso jazz club “Chet Baker” di cui conserva l’offerta musicale.

Nato con lo stesso obiettivo del “Senza Nome”, e cioè quello di favorire l’integrazione e offrire possibilità di lavoro e realizzazione anche ai sordo ciechi, “L’Altro Spazio” parte da alcune scelte risultate vincenti nel locale di Via Belvedere –come la possibilità di utilizzare il linguaggio dei segni o consegnare ai camerieri un biglietto con l’ordine – per offrirsi come possibilità d’incontro e svago per non vedenti e non udenti, ma anche per sordo ciechi e normodotati. All’ingresso, infatti, viene consegnata una mappa tattile per orientarsi nell’ambiente, riconoscere le scale, il bagno o per trovare il pane e l’acqua. Il menù, inoltre, è in braille.

Tra le attività organizzate presso “L’Altro Spazio” sono previsti corsi per imparare la LIS o il linguaggio Malossi (comunicazione che avviene con l’uso delle mani: per indicare una lettera si tocca un determinato punto della mano aperta, per una parola si toccano in sequenza diversi punti), percorsi tattili, itinerari multisensoriali, spettacoli teatrali, seminari e serate di poesia, performance di artisti sordi, cene e aperitivi al buio, corsi di danza africana e salsa per sordi, laboratori di musicoterapia e sui sogni. Per i clienti è inoltre possibile scrivere con tavolette braille, ascoltare audiolibri e giocare con scacchiere tattili. A chi poi fosse colto da un languorino il locale offre una cucina a base di prodotti di stagione e dolci fatti in casa con brunch personalizzati e abbonamenti a prezzo fisso per garantire una dieta equilibrata secondo i consigli del nutrizionista.

Per la prima volta il “Senza Nome” e “L’Altro Spazio” aprono l’Italia ad una tendenza in parte già sperimentata all’estero, basti pensare ai numerosi spazi che associano il cibo al buio per sensibilizzare l’opinione pubblica e favorire opportunità d’incontro senza distinzione tra chi vede e chi no, concentrandosi sugli altri sensi. Tra questi i numerosi Blind Cafè americani, la catena francese “Dans le Noir” approdata anche in altre città come Londra, Mosca, Barcellona, New York, il “Dine in the Dark Restaurant” di Singapore, il “Cafè Potme” di Praga, il “Blinde Kuh” di Zurigo, l’”Opaque” di San Francisco... Ma a Bologna si fa un passo in più, considerato che invece i locali per sordo ciechi sono pochissimi anche a livello internazionale.

Quel che è certo è che, un’altra volta, Bologna dà l’esempio, offrendo spazio a realtà che andrebbero ricreate e diffuse sul territorio, dove il cibo e la convivialità diventano strumento ottimale per favorire una comunicazione che va oltre qualsiasi barriera, come in un mondo ideale che diventa realtà.

Micole Imperiali

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