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In vino veritas
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In questo periodo natalizio Napoli è felicemente affollata di turisti. La magia del Natale li richiama in gran numero da ogni parte del mondo essendo forte qui la tradizione legata a queste festività. Viene celebrato in più forme d’arte, quella presepiale e scultorea, quella musicale che va dall’espressione pop alla classica, per concludere golosamente con la ricchissima offerta enogastronomica.

Anche ristoranti, osterie e pasticceria registrano un grande passaggio di visitatori che ricercano attraverso il gusto l’anima napoletana, la sua storia ricca e sempre tinta di buon umore. In via Bausan, a ridosso di via dei Mille, la strada dello shopping fashion, ritroviamo Cap’alice, l’enosteria tipica napoletana di Mario Lombardi. Mario ricorda molto l’antica figura dell’oste di rito sul presepe napoletano, punto di riferimento del quartiere e dei tanti passanti che vogliono poter scambiare una sana chiacchiera accompagnata da buon vino e cibo gustoso. Un’ usanza tristemente rara a causa dei ritmi frenetici della vita odierna. All’oste Mario piace intrattenere i suoi ospiti e, sulla spinta gioiosa del momento natalizio, al suo banco propone vini che parlano napoletano.

 

Pochi sanno che Napoli è la seconda metropoli in Europa, dopo Vienna, per estensione di vigneti. Un’ antica eredità risalente ai tempi di Partenope, quando i greci, attratti dalla bellezza del golfo e dalle terre fertili, introdussero il culto della vigna e del vino. Così sul banco, tra il luccichio delle tante bottiglie, spiccano le etichette dei vini provenienti dagli Astroni, antico cratere dal quale ancora si vedono sbuffare le fumarole di Pozzuoli dall’odore sulfureo. Sono falanghine e piedirosso di Raffaele Moccia e Cantine Astroni. Dalle colline di Chiaiano arriva una vera e propria chicca, lo spumante Flaegreo di Cantine Federiciane. Un pretesto prezioso per Mario per raccontare storie, aneddoti e leggende che ancora aleggiano tra case e strade napoletane, con una certa nostalgia.

Neapolis poi è il cocktail nato proprio durante le feste del Natale, preparato con le bollicine Flaegreo, le arance dei tanti giardini che colorano magicamente angoli nascosti della città, vasenicola, il basilico, e qualche altro ingrediente segreto. In accompagnamento ci sono gli appetizer che attingono alla tradizione: frittelle di baccalà, bruschette con pomodorino del piennolo del Vesuvio, crostoni di baccalà e papaccelle, pizza di scarole, alici fritte e tanto altro. A cena non mancano i piatti cult della cucina napoletana, ziti al ragù, genovese, pasta e patate con provola, il pescato del giorno che l’oste Mario va a comprare personalmente a Mergellina.

Il vino rimane sempre al centro dell’attenzione e la carta spazia dalle etichette blasonate italiane ed estere, a quelle di piccolissime cantine ricercate con cura e massima attenzione alla qualità ed all’identità territoriale.

Ma cosa vuol dire Cap’alice? All'oste piace spiegare questo detto locale: meglio Cap’alice ca cora ‘e cefalo. Ovvero, meglio essere a capo di qualcosa di piccolo (l’alice), che la coda di qualcosa di grande (il cefalo).

Cap’alice 

via Bausan 28, Napoli

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