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In vino veritas
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Giovedì 21 gennaio apre il primo birrificio made in Bagnoli che si ispira alla tradizione napoletana. Il Birrificio Flegreo nasce dalla passione di tre ragazzi, Chiara, Peppe e Salvio, che hanno tratto la propria ispirazione dalle “fermentazioni” dell’antica terra di Puteoli.   

L’idea di aprire un pub per avvicinare il gusto campano alla birra artigianale è iniziata nel 2005, quando Chiara ha incontrato la varietà e l’autenticità della Belgisch bier di Bruxells, Bruges e Anversa. Nel 2007, affascinata dalla complessità di lavorazione di un prodotto così semplice, inizia a produrre le prime birre in casa. Poi con gli amici storici peppe e salvio, homebrewer il primo e barman il secondo, ha ideato il progetto di un birrificio bagnolese DOC.  Birrificio Flegreo diventa così una beerfirm prodotta dal Birrificio del Vesuvio di San Sebastiano. I primi esperimenti hanno successo: la Dieci, come la maglia di Maradona, è una birra ad alta fermentazione, stile golden ale, di colore dorato carico, con note fruttate e agrumate al naso. la Kumata, che secondo alcuni significa onda, deriva da “kuma”, termine utilizzato da Strabone per indicare la città di Cuma, è una birra dal colore ambrato, dal sapore maltato con richiami al caramello, stile Scotch Ale. La Waiassen, variante sassone di  “vaiassa”, antica parola napoletana che significa serva domestica, oggi utilizzata come sinonimo di donna di bassa condizione. Ha colore dorato, al naso richiama chiodi di garofano e banana.

Quella di Chiara è una storia a “lieto fine” di una ragazza trasferitasi altrove, come tanti altri suoi coetanei,  per necessità ed esigenza, ma che ha trovato la forza e l’ispirazione di tornare e ripartire da zero nel luogo dei suoi sogni: i campi flegrei.  

La prima birreria italiana fu probabilmente aperta nel 1840, ma la Wührer vanta l'inizio della sua attività nella Brescia del 1829, grazie al mastro birraio austriaco Franz Saverio Wührer. A partire dal  XIX secolo piccoli impianti industriali sono riservati alla produzione di birra. Produzione e consumo, in costante ascesa, raggiungono il picco alla fine degli anni '20. Nel 1927, con la Legge Marescalchi e con l'aumento della tassazione sulla birra, il consumo e quindi la produzione calano rapidamente.

L'Italia è il paese con il tasso di consumo di birra più basso d'Europa, ma dagli anni Novanta le produzioni di birre artigianali hanno inaugurato una nuova stagione per la penisola, un’unione di tradizione locale ed estera destinata probabilmente a diventare di moda. La produzione dei microbirrifici italiani nel complesso presenta una creatività e una varietà notevolissima, forse proprio a causa della mancanza di una tradizione consolidata. Si producono birre ispirate ai più diversi stili internazionali, con ingredienti e aromatizzazioni spesso inusuali come farro, frutta e castagne, ma anche mirra, zenzero e fagioli. Nella seconda metà degli anni duemila l'esportazione delle artigianali ha raggiunto un discreto livello, principalmente sul mercato statunitense. I luoghi di produzione di birra artigianale italiana sono le micro birrerie, che  in genere non dispongono di un locale di mescita e la produzione è in tutto o in gran parte destinata alla vendita a locali e negozi. i brewpub,  locali che producono birra per il consumo interno, spesso abbinato ad attività di ristorazione. beerfirm, ovvero impianti preesistenti che vengono affittati a privati, i quali possono produrre birra artigianalmente ma in quantità non raggiungibili con un normale impianto casalingo. Oggi in campania sono attivi più di cinquanta micro birrifici.

Elèna Lucariello

 

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