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Il teorema del babà di Franco di Mare, edito da Rizzoli editore, è un romanzo d’amore da gustare come un amplesso rubato nella cucina di un ristorante, tra tramestio di pentole e farina annidata nei capelli sconnessi.

E’ un romanzo d’amore perché cucinare è atto d’amore: richiede la stessa dedizione, accortezza di movimenti, equilibrio nel dosare gli ingredienti perché restituiscano alla fine il gusto desiderato e sciolgano l’animo nell’ebbrezza dell’orgasmo gustativo. Il racconto ha il ritmo narrativo di un ristorante nell’ora di punta, travolge e trascina con un andamento brioso e il condimento di ricette della tradizione campana, regalate al lettore come piccoli cammei.

Un paesino incantato trai Monti Lattari, ospita il tradizionale ristorante Liborio di Procolo Jovine, fiero rappresentante di una cucina classica imperniata sulla stagionalità e qualità dei prodotti locali, reperiti dalla fruttaiola Carmelina e dal pescatore Totonno o Purp a chilometro 0 o quasi. Tutto tranquillo a Bauci, fino all’arrivo dello chef televisivo di turno che decide di aprire un ennesimo tempio della cucina molecolare sull’uscio del povero chef e proprietario di Liborio. In un paese dall’animo conservatore, il banale contrasto tra innovazione e tradizione scuote l’animo dei cittadini atterriti e attratti al tempo stesso dall’odore di mondanità.

Uno scontro ideologico che si trascina nelle pagine pregne di gusti e sapori, storie di cucina e passione. Culinaria e amorosa. Rosa è una donna di cucina, femmina tosta, lavoratrice instancabile, ma è donna e non bisogna dimenticare, nella ripetitiva noia del matrimonio, di servirle quei frutti di passione che abbondano nei primi giorni dell’amore. Procolo lo scoprirà nel felice epilogo del brillante romanzo.

Una lezione di apertura ideologica al diverso, all’altro, all’estraneo. Il teorema del babà  è un piatto misto vivamente consigliato ai buongustai, scritto con gusto e infarcito di una dolce malinconia romantica. 

L.O.

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