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Una diversa evoluzione rispetto all’opera prima Là-bas, la cruda storia di immigrazione girata quasi come un documentario tra la realtà africana di Castel Volturno e dintorni, che gli era valso il Premio Venezia Opera prima Luigi De Laurentiis definito “Leone d’oro al Futuro” nel 2011 alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

Take Five è stato presentato lo scorso anno al Festival Internazionale del Film di Roma e poi mai uscito nelle sale cinematografiche. Dopo un anno, finalmente il 2 ottobre sarà presente nelle sale, prima della Campania e poi, si spera, dell’intera penisola. Il film ha cinque protagonisti, come il titolo suggerisce. Peppe Lanzetta, Salvatore Striano, Salvatore Ruocco, Gaetano Di Vaio e Carmine Paternoster. Un gangster leggendario e depresso. Un fotografo di matrimoni, ex rapinatore, reduce da un infarto. Un pugile squalificato a vita. Un ricettatore. Un idraulico con il vizio del gioco, che un giorno si ritrova nel caveau di una banca per riparare una perdita delle rete fognaria e si fa venire un’idea… Cinque “irregolari” alle prese con una rapina milionaria. Diffidenti, solidali, travolti da un reciproco gioco al massacro, dove contano soltanto il denaro e la lotta per la sopravvivenza.

Come nasce Take Five? Guido-lombardi-regista-tarallucci-e-vin

In realtà il soggetto è nato prima ancora di Là-bas, durante una pausa dalla scrittura del romanzo “Non mi avrete mai” con Gaetano Di Vaio. Scrittura che, tra le tante pause, è durata quattro – cinque anni. All’improvviso nel suo ufficio è arrivato Peppe Lanzetta, col suo singolare modo di fare e parlare. Abbiamo subito cominciato a immaginare a una rapina in banca ipotizzando i personaggi, ai quali abbiamo chiesto subito la disponibilità. Avevo i protagonisti prima ancora di scrivere la sceneggiatura. Conoscevo le loro storie grazie a un documentario girato con un amico tempo prima. Gaetano incontra, poi, ad un festival Abel Ferrara, col quale aveva girato “Napoli Napoli Napoli”. Si vende il soggetto che non era stato ancora sviluppato e ho avuto solo cinque giorni per renderlo una sceneggiatura, poiché poi sarebbe ritornato in America. Ferrara avrebbe dovuto firmarne la regia. La cosa poi non andò in porto e invece spuntò fuori “Là-bas”.

Mi viene spontaneo chiederti come mai si è infiltrato Là-bas allora, e cosa ne è scaturito.

Per arrotondare facevo le riprese per le feste africane che si svolgevano a Castel Volturno, lavoravo per un dj che poi montava il girato, ne faceva dei DVD che si commerciavano nei negozi che vendono cibi africani. Ciò che ho visto mi ha ispirato tanto e da lì è nato il soggetto. Poi il film grazie a Figli del Bronx. Poi Venezia. E poi la storia la conosci…

 

Torniamo al nuovo film, allora.

Per fare Take Five, che all’inizio aveva lo stesso imprinting di Là-bas, ho dovuto rimaneggiare la sceneggiatura. Renderlo meno di genere e più commedia. Utilizzare più fantasia nella narrazione dei personaggi, all’inizio concepiti assolutamente aderenti alla loro realtà. Ho cercato un leitmotiv leggero. Non doveva dispiacerti se si moriva. Morire, del resto, fa parte del gioco. Così come vivere e farlo in quella realtà. Il film ha avuto una travagliata evoluzione dopo il Festival di Roma, fino a che non abbiamo trovato un distributore, Microcinema che lo porterà finalmente sul grande schermo, anche se al momento solo nei circuiti campani. Del resto è difficile venire dopo un’operazione di tale successo e con un genere totalmente diverso. Ma almeno si avrà la possibilità di vederlo.

E con il cibo? Curiosità, aneddoti…

Ho l’abitudine di mettere nelle mie sceneggiature un accenno ai cibi che preferisco. In Take Five, c’è uno scambio sulla frittura di alici “chelle piccerelle, pecché ‘e grosse se mettono ‘ncopp ‘o stommaco”, faccio dire a uno dei personaggi. Quello sono io. A me le alici fritte, uno dei miei piatti preferiti, piacciono così. Anche in un episodio di un film che ho girato con Gianfelice Imparato, di prossima uscita, c’è la lasagna bianca con le polpette piccole piccole, che mangiavo da piccolo e rimasta uno dei cibi preferiti. I piatti di discarica, come li definisce il mio coautore Marco Gianfrida, tra i concorrenti nell’ultima edizione di Masterchef Italia e purista della cucina. Lui sostiene che il piatto più difficile da eseguire sia un perfetto aglio olio e peperoncino. Io amo le cose mixate di differenti sapori. Un’altra cosa buonissima che ho imparato a mangiare durante le riprese di Là-bas è la Skurkuia, carne prima fritta, condita con spezie piccanti e poi passata alla griglia servita con pomodori e cipolle crudi. La mangiavamo, con la troupe e gli amici africani che vivevano lì, durante le partite dei mondiali del 2010. Momenti indimenticabili…

Non ci resta che andare tutti al cinema a vedere la seconda opera di Guido Lombardi, Take Five, allora.

Carmen Vicinanza

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