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Gli ziti alla Genovese sono il piatto domenicale della tradizione napoletana per eccellenza. L’origine del nome divide ancora oggi etimologi, antropologi e semplici mangiatori. 

E' certo però che Genova non ha collegamenti con la ricetta.

Il gusto del piatto è caratteristico, unico e capace di conquistare il palato di adulti, bambini, fieri antagonisti della cipolla e vegetariani fondamentalisti, che farebbero volentieri la scarpetta nel sugo concentrato del fondo pentola. E’ un sapore antico. Riporta alle domeniche rumorose della famiglia allargata, alle lunghe tavolate colorite di vino e tozzi di pane cafone fragrante tagliato a fette spesse. E’ una ricetta dai tempi biblici, un rito che richiede accuratezza e sacrificio, una preparazione che sfida i ritmi moderni e la fretta del lavoro. Almeno quattro ore, almeno finché la cipolla non sia ridotta a una crema dolciastra rigonfia dei succhi della carne. Vale la regola aurea che la preferisce preparata in anticipo, affinché con il raffreddamento e il successivo riscaldamento la salsa si addensi, concentri e arricchisca di succhi e aromi.

La pasta è l’altro ingrediente fondamentale: ziti lunghi artigianali da trafila al bronzo spezzati a mano, nessuna variante ammessa. In caso di crisi si usano penne, rigatoni, paccheri e altri formati simili, ma la tradizione prostituita per due lire si ribella in bocca. Non è lo stesso sapore, non è lo stesso effetto finale, perché le schegge degli ziti spezzati aggiungono un tocco di rustica popolarità al piatto e lo completano degnamente. Chi opta per la pasta industriale è un bestemmiatore nella Basilica di San Pietro: i pori occlusi dalla plastificazione a temperature elevate non consentono all’amido di amalgamare il piatto ed esaltare il gusto della salsa. Il taglio della testa e l’impiccagione sono consentiti in questo caso dalla legge borbonica.

Sul tema cipolla esistono divergenze, ma la pratica comune bandisce la bianca optando per la dorata o la rossa. I foodies e gli chef stellati non transigono: cipolla Ramata cipolla rossa di montorodi Montorodelicata al gusto e profumata come poche. E’ assolutamente vietato comprare la carne al supermercato. Si va dal macellaio di fiducia che seleziona con cura il taglio d’annecchia (la manzetta giovane massimo di un anno) più appropriato a seconda della bestia che sta macellando e del portafoglio del cliente. Il primo taglio va poco di moda e sono preferiti lo scamone, il girello e la punta d’anca.

Ingredienti (per 6 persone):

500 gr di ziti spezzati a mano Di Martino

600 gr di carne annecchia

1 chilo di cipolle ramate di Montoro

1 carota

1 fronda di sedano

olio evo

sale

pepe/peperoncino 

pecorino romano

aromi e spezie a piacere

Procedimento: soffriggere la carne in un filo d’olio. Aggiungere carota, sedano, aromi e spezie. Rosolare. Aggiungere le cipolle tagliate finemente, ma non troppo. Salare, sfumare con il vino bianco a piacere (i puristi sconsigliano) e aggiungere un filo d’acqua. Cuocere per quattro ore a fuoco basso, mescolando di tanto in tanto. A fine cottura pepare, spostare la salsa in una larga padella, tagliare la carne e metterla da parte. Una volta cotti gli zitti, saltare in padella con la salsa e servire con una spolverata di pecorino grattato. C’è chi la carne la mischia alla salsa, chi la serve a parte. Sono finezze, scelte di stile che spettano a chi si è sacrificato ai fornelli.

Abbinamento: la tendenza dolce della cipolla emerge in questo piatto tradizionale, spiccando sulla sapidità del pecorino e la grassezza della carne e dei suoi succhi. Se la ricetta è stata preparata correttamente la salsa sarà succulenta, aromatica e delicatamente speziata. E' necessario accompagnare con un vino di medio corpo, buona sapidità e acidità senza eccessi sul fronte alcolico. Bianco o rosso in questo caso è solo questione di gusti. Dal territorio scegliamo la Falanghina dei Campi Flegrei Dop 2012 della Cantina La Sibilla.

 

L.O.

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