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Una finestra verso mare alleggerisce di poco il caldo; la leggera brezza serale è solo un soffio morente d’aria tiepida. Il climatizzatore al minimo ronza come uno sciame di zanzare tigre, consuma come un altoforno e secca l'aria. Meglio lasciarlo spento. Il mare è un miraggio lontano, ridotto a un brodo caldiccio affollato di torme schiamazzanti, palloni che volano ovunque e fetore di crema solare.

Ecco l’inferno metronapoletano che palpita dell’umanità rimasta in città ad affrontare i bollettini di guerra delle spiagge in città e provincia, i ritardi cronici dei mezzi pubblici acutizzati dai tagli alle corse e il sole che schiaccia le strade nella polvere. La salvezza è un gelato fresco, come quelli consigliati da Spaccanapolionline, perché si sa “Il gelato è il mio conforto, mi ripaga da ogni torto; il gelato mi consola e fa dolce la mia gola” (, Kinotto ad azione dissolvente, Skiantos, 1979, Cramps Records). Purtroppo però dopo una sacrosanta teglia di parmigiana di melanzane e paparuol’ abbuttunat’, in pieno rispetto della tradizione stagionale, il gelato diventa un sacrificio piuttosto che un piacere Il calore digestivo eleva la temperature corporea fino all’ebollizione e né una fresca Falanghina dei Campi Flegrei DOC né una grappa al pino mugo possono salvare la situazione. Esiste solo una soluzione: l’acquaiolo!

L’acquaiolo o banco dell’acqua è un’istituzione cittadina, raffigurata tra gli altri da Luciano de Crescenzo nel famoso e oggi introvabile La Napoli di Bellavista –un reportage fotografico d’indiscusso valore, attraverso la Napoli degli anni ’70. Ce n’erano numerosi in città, da Mergellina all’Orto botanico, passando per i Banchi Nuovi. Piccole edicole addobbate di agrumi e anfore di creta (mummere), servivano ai passanti assetati l’acqua zurfegna del Chiatamone miscelata con bicarbonato e limone o arancia oppure le rattatelle, granite primordiali scrostate da un blocco di ghiaccio a colpi di scalpello. I più forniti vantavano l’acqua di Telese o la prestigiosa acqua del Serino, in alternativa a quelle della fonte del banca dell'acqua zi nennellaLeone (Posillipo) o della “Bolla”. Con il trascorrere degli anni molti banchi dell’acqua, soffocati dall’orribile burocrazia italiana, hanno serrato per sempre. I più ardimentosi e inventivi si sono trasformati in piccoli bar da strada aggiornando il parco bevande e preservando il vecchio nome di acquaioli.

Facciamo un breve giro trai più famosi alla ricerca di ristoro! Da Aurelio a via Riviera di Chiaia 61 ci si ferma il mondo: oltre alla classica limonata con il bicarbonato, un vero toccasana per la digestione, si trova anche un’offerta copiosa di granite a prezzi decisamente concorrenziali. Poi c’è Bruno l’Acquaiolo ai Quartieri spagnoli via Concezione a Montecalvario 3, un’istituzione in città che offre l’unico” Sciroppo Americano”, un intruglio di succhi analcolici e bicarbonato capace di sturare anche un lavandino appilato. Nell’ingorgo di Spaccanapoli c’è l’Acquafrescaio di via Tribunali 30, classico, invariato nel tempo, che offre ottime spremute allungate a scelta con acqua frizzante. Zì Nennella a Piazzetta Teodoro Monticelli ha abbandonato il mercato nel lontano 2003, lasciando nel cuore degli appassionati soltanto il ricordo delle sue limonate. Tanti altri chioschi meno famosi in città offrono conforto dal caldo e seppure si sono spente nel tempo le grida “Chi vo vever?” tra i vicoli cittadini, il banco dell’acqua resta un elemento cardine nella cultura napoletana, l’unico capace di alleviare la noia e il calore estivo.

Luigi Orlando 

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