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Una nomination allOscar come miglior attore protagonista per Pasqualino Settebellezze, una Palma d’oro a Cannes  per la sua interpretazione in Film d’amore e d' Anarchia e 5 David di Donatello, Giancarlo Giannini è tra gli attori che hanno reso grande il nostro cinema anche all’estero, non è un caso che lo stesso Giannini abbia lavorato tanto anche negli Stati Uniti. Tanti sono i ruoli memorabili che ha interpretato nella sua lunga carriera, del resto, con il suo talento da, ha dato vita a vere e proprie caratterizzazioni  che ormai sono impresse nella memoria come il traffichino che campa di espedienti in Mi manda Picone  o il grottesco, un po’ stralunato, operaio siciliano in Mimì metallurgico ferito nell’onore .

 

Tante sono anche le vesti che ha ricoperto nel cinema diventando anche regista e doppiatore in parecchi adattamenti shakesperiani come il Romeo e Giulietta o L’Amleto di Zeffirelli  e il Riccardo III interpretato da Ian McKellen . All’occorrenza è anche inventore con tanto di brevetti:  creata da lui, per esempio, è la giacca indossata da Robin Williams nel film Toys

Vi starete chiedendo: “  Va bene, ma cosa c’entra  Giancarlo Giannini con l’enogastronomia?” Bè, Giannini è  un amante del buon cibo essendo pure uno chef perfezionista.  Senza contare che uno dei film interpretati nella sua ecclettica carriera è intitolato Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini (…)Tarantelle. Tarallucci e vino. Dalla lunghezza del titolo è facilmente intuibile che la regista sia Lina Wertmüller. Già solo considerando questo motivo, noi che siamo nati con la realtà editoriale di Tarallucci & Vin non avremmo mai potuto lasciarci sfuggire l’occasione di intervistarlo. Lo abbiamo incontrato in occasione di Le Parole Note, il recital di poesie che ha voluto fortemente portare in giro per l'Italia e che domani approderà a Castel Sant'Elmo di Napoli per la rassegna Sant'Elmo Estate.

Per me, che sono letteralmente  cresciuta a pane e cinema, Giannini è un’icona dello schermo. Mentre attendo il mio turno per intervistarlo, nella mia mente  lo rivedo in film come Dramma della Gelosia di Ettore Scola, O’ re di Luigi Magni, I Picari di Monicelli e, ovviamente, non può che rimbombare nelle mie orecchie la “Brutta bottana industriale…”,  il mitico insulto che ripete tra uno schiaffo e l’altro a Mariangela Melato in Travolti da un insolito destino nell’ azzurro  mare di agosto.

Quando tocca a me, dopo che mi sono presentata,  gli dico che faremo l’intervista per una rivista enogastronomica e subito, con quel tono di voce sornione che sembra che nel salottino dell’hotel siano arrivati anche Al Pacino e Jack Nicholson, specifica che in cucina si difende benissimo.


giannini in pasqualino settebellezzeMan mano che chiacchieriamo viene fuori la vena vulcanica, a tratti simpaticamente bizzarra, di Giancarlo Giannini. Passa  a raffica da un argomento all’altro: dall'amicizia con Fellini che 30 anni fa gli diceva di come il cinema fosse morto alla magia dei vinili. Sentirlo parlare pare di intraprendere un viaggio sensoriale in cui il gusto e l’olfatto sono in prima linea. Durante tutta l’intervista in cui si parla anche del suo lavoro, continui sono i riferimenti al cibo.

Dall’età di 8 anni, lei ha vissuto a Napoli. In seguito,  è ritornato in questa città anche per girare alcuni dei suoi film più famosi. Quali ricordi ha dei profumi e dei sapori napoletani?

Appena sono arrivato è stato come se avessi respirato la stessa aria di un tempo, con i suoi profumi.  Per esempio,  oggi dal terrazzo dell’albergo, mangiavo delle sfogliatelle meravigliose mentre guardavo il panorama al tramonto e subito ho detto ai miei amici romani: “Guardate cos’è Napoli! Guardate cosa vi siete persi”. Forse sarà perché  mi sento napoletano e l’ho vissuta in modo epidermico. Quando ero ragazzino, uscendo da scuola, facevo delle lunghissime passeggiate per Via Foria, passando per Montesanto per arrivare a Mergellina perché mi piaceva vedere le luci strane che ci sono solo a Napoli e sentire anche quegli odori  impregnati nelle strade che facevano pensare subito agli assaggi tipici della sua tradizione culinaria. C’è da dire che io sono anche legato ai sapori di una volta. Mentre vivevo a Napoli con i miei genitori, mi ricordo che uno dei cavalli di battaglia di mia madre fosse della pasta con dei pomodorini freschi ben coltivati, cucinati in modo semplice ma gustoso. Era un sapore unico. Io che metto il parmigiano dappertutto, anche sul pesce, su quella pasta preparata da mia madre non l’ho mai messo per assaporarla.

La cucina per lei è una vera passione. A quanto pare la usa anche come esempio durante le sue lezioni al Centro Sperimentale di Cinematografia dove insegna recitazione.

E’ vero! Io sostengo che bisogna imparare a fare le cose bene. Ai miei allievi ripeto sempre che se si preparano un piatto di spaghetti, devono imparare a farlo bene perché è un piacere che non abbandona. Sono tanti i piaceri della vita ma alcuni  tradiscono, mentre il cibo è un piacere sicuro che, se lo si fa bene, non tradisce.

travolti da un insolito destino gianniniPer caso ha fatto l’attore. Dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Alessandro Volta, quasi per gioco ha sostenuto  il provino, poi vinto, per entrare all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Il resto è storia. Con quale filosofia ha vissuto questo mestiere?

Io non sono mai stato un attore realista. Tutti i ruoli che ho interpretato li ho sempre affrontati usando la tecnica della finzione, facendo anche delle ricerche per inventare il personaggio che poi è l’aspetto anche più divertente. Per me questo lavoro è un gioco che va fatto molto seriamente perché  non è facile farlo. L’attore deve avere dentro di sé un po’ della poetica del fanciullino per attingere a quella ispirazione genuina. Un po’ come il bambino che, mentre aspetta il piatto di spaghetti,  gioca con la forchetta e il coltello, fingendo che siano dei trenini. Ecco, l’attore deve avere quella fantasia lì. Se non c’è gioco, ironia e voglia di prendersi in giro, penso che sia quasi una sofferenza fare questo mestiere.

Infatti lei è contrario a insegnare i metodi della scuola stanislavskijana e dell’Actors Studio.

giannini giancarloSì, sono assolutamente contrario.  Questo è un lavoro che tocca molto la personalità delle persone. Io preferisco la leggerezza della finzione per costruire il personaggio per tenere distaccata la realtà dalla fantasia, altrimenti può cambiare molto la testa da un punto di vista psicologico. Bisogna stare molto attenti. Si continua a fare gli attori finché chiamano per far partecipare a delle produzioni, ma quando capita di non essere più cercati, potrebbero nascere dei problemi grossi perché si potrebbe perdere il contatto con la realtà, cadendo in tante trappole e dipendenze che degenerano. Io sono contro a ogni tipo di droga anche a quelle più leggere. Del resto, ci sono tante abitudini piacevoli che rendono la vita godibile come mangiare bene. Se si mangia del buon ragù, delle fantastiche tagliatelle fatte con della pasta fresca o anche delle patate cotte a fuoco lento con il rosmarino, che senso ha drogarsi? Il cibo è tra le gioie della vita. Io sono sempre stato convinto che è necessario insegnare ai propri figli a mangiare bene. E’ fondamentale fargli capire l’importanza dei sapori e della delizia che c’è dietro. Io con i miei l’ho fatto. Ancora oggi i miei figli apprezzano le prelibatezze ben cucinate. Li ho educati a saper riconoscere i prodotti di qualità che sia anche nel comprare solo del prosciutto.

C’è una ricetta che consiglierebbe?

Ho sempre detto di essere il re della pasta al pesto. Ed è vero! E’ anche il piatto che preferisco, d’altronde, sono nato a La Spezia. Per me è nettare per gli dei. Non a caso le prime 25 pagine del libro che ho scritto nel 2014 Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi) sono dedicate alla pasta al pesto. Il pesto è un sugo povero in realtà, ma è abbastanza difficile da calibrare. Una volta, durante un’intervista in America, mi hanno chiesto di spiegarne la ricetta. Ho iniziato dalla nascita della fogliolina del pesto che nasce in Liguria e che non ha quel gusto leggermente mentolato. Ho impiegato mezz’ora per farmi capire. Se è fatto male fa davvero schifo e potrei uccidere per questo, mentre se è fatto bene lo consiglio con un bicchiere di vino.

Antonia Fiorenzano

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