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marmellata alla birra
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Al giorno d’oggi l’assurdo e il paradossale sembrano essere divenuti così convenzionali dal non destare più la benché minima alterazione emotiva. Eppure di fronte a certe notizie c’è da rimanere per forza di cose basiti. Prendete ad esempio una donna, Nancy Warner, una ex archeologa che un bel giorno dice addio a polverose reliquie per dedicarsi alle più tradizionali confetture.

Tradizionali più o meno. Perché Nancy appena trasferitasi col marito in Vermont decide di passare il tempo libero tra un invio di curriculum ed un altro nella preparazione di marmellate. E fin qui tutto ok. Ma un giorno, in un periodo abbastanza di magra di frutti e ortaggi, si inventa il colpo da novanta: creare la variante alla birra. Il risultato finale non solo è strabiliante concettualmente ma anche soddisfacente pragmaticamente, difatti seppur perdendo l’alcool (in quanto evaporato in fase di preparazione) Nancy riesce a conservare integri i sapori di malto ed orzo caratteristici. E’ un successo senza pari che l’ha vista trasformata in imprenditrice (con tanto di dipendenti al seguito) capace anche di esportare il suo prodotto in tutto il mondo.
Se pensate tuttavia di trovarci dinnanzi ad una pecora nera delle confetture, bhe, dovrete ricredervi. Esistono anche marmellate alle patate dolci, alle zucchine, ai pomodorini e gelsomini. Più estivi quelli all’anguria, che si realizzano con la parte bianca del frutto tagliata a dadini e lasciati a riposare con lo zucchero per tutta la notte.


Massimiliano Guadagno

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